Indice Sharpe: che cos’è? A cosa serve? Cosa indica nella borsa?

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Quando ci si addentra nel linguaggio tecnico relativo al mondo degli investimenti e degli strumenti finanziari, uno dei primi termini che si possono incontrare è proprio il cosiddetto “indice di Sharpe”. Ma che cos’è e perché è importante sapere di cosa si tratta? Ecco una breve spiegazione a riguardo, per comprendere meglio il mondo degli investimenti e perfezionare il proprio portafoglio.

Che cos’è l’indice di Sharpe?

L”indice di Sharpe, anche detto Sharpe ratio, in riferimento a un portafoglio di titoli, ne misura la performance. Questo indice è stato denominato Sharpe in riferimento a William Sharpe, il quale vinse il premio Nobel per l’economia nel 1990 insieme ad Harry Markowitz e Merton Miller. L’importanza di questo indice è dovuta al fatto che quando si intende procedere con un investimento è necessario calcolare non solo le prospettive di rendimento, ma anche quelle di rischio. Questi sono due aspetti legati in modo indissolubile quando si parla di qualsiasi tipo di investimento.

Nel caso dell’indice di Sharpe, però, la finalità non è legata esclusivamente al calcolo del rischio di un singolo investimento o di un singolo strumento finanziario, come può essere l’acquisizione di obbligazioni o azioni. Il suo scopo, infatti, è legato alla valutazione del rischio di un intero portafoglio o di un fondo.

In ogni caso, l’indice di Sharpe è impiegato nella prassi per esprimere il rendimento di un portafoglio titoli al netto del rendimento non rischioso (quello che in inglese è chiamato il “riskfree rate”), ovvero per unità di rischio complessivo. In genere il suo impiego rappresenta il tasso d’interesse di prestiti statali AAA a breve scadenza in rapporto al rischio del portafoglio. Il rischio, a sua volta, è rappresentato dalla volatilità e dalla deviazione standard.
Il rendimento del portafoglio, quindi, è indicato in termini percentuali per ogni unità di rischio dell’investimento.

Come si calcola?

L’indice di Sharpe è rappresentato con una specifica formula matematica, ovvero: Ratio Sharpe =  (rendimento portafoglio – rendimento strumento free risk) / volatilità portafoglio

Il risultato che si ottiene è il cosiddetto “premio per rischio“, ovvero la valutazione dell’extra rendimento che il portafoglio (o il fondo) può generare in relazione alle variazioni dovute alla volatilità.

Critiche all’indice di Sharpe

L’utilizzo di questo indice è spesso criticato poiché non sempre è possibile valutare in modo così netto il rendimento di un portafoglio di titoli. In più, gli esperti hanno obiettato l’impossibilità di stabilire con certezza e chiarezza in cosa consista e in quale misura possa essere considerato privo di rischio un tasso di interesse. Solitamente, infatti, al posto del valore rappresentato dal tasso d’interesse privo di rischio è utilizzato il rendimento di titoli di Stato caratterizzati da bassa rischiosità, benché questa linea di azione non sia stata avvalorata da alcuna teoria fondata.

In più, i modelli ARCH e GARCH hanno trovato applicazioni più numerose in econometria, consolidandosi. Allo stesso modo nella prassi dei mercati finanziari è più frequente il riferimento alla volatilità implicita piuttosto che a quella calcolabile dall’indice di Sharpe. Per volatilità implicata si intende il prezzo delle opzioni sui titoli che compongono il portafoglio in base al modello di Black-Scholes-Merton.

Infine, l’indice di Sharpe è stato messo in discussione dagli esperti anche in relazione al suo utilizzo quale misura di rendimento per il rischio di un portafoglio di titoli. La stessa letteratura sulla asset allocation ha infatti ribadito questa posizione a sfavore dell’indice. Queste e altre istanze (anche relative alla soggettività del rischio e alla sua indipendenza rispetto alla varianza) hanno portato all’utilizzo di altri indici per misurare le performance dei portafogli. Ne sono un esempio gli indici di Sortino e la Upside potential ratio.

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