Quando si fa riferimento alla legge fallimentare, e di conseguenza anche all’art. 147 della Legge Fallimentare, ci si rifà a un provvedimento emanato negli anni ’40, ovvero al Regio Decreto numero 267 del 1942. Questo Regio Decreto nacque con lo scopo di fornire una procedura concorsuale liquidativa nei casi di regolazione della crisi di impresa e, quindi, di fallimento, stabilendo anche quali sono i soggetti coinvolti. Ma cosa prevede l’art. 147 della Legge Fallimentare e quali sono i soggetti coinvolti? Ecco una breve panoramica.
Che cosa tratta il Regio decreto 267 del 1942, o Legge Fallimentare
Come anticipato, per Legge Fallimentare si intende il Regio Decreto numero 267 del 1942, che tratta la materia fallimentare per la crisi di impresa. Grazie a questa normativa si è delineata la disciplina sul concorso fra i creditori del fallito prima che si formino i presupposti per la dichiarazione del fallimento. I creditori del fallito, quindi, hanno diritto o alla parziale soddisfazione del credito, quando non raggiungono un accordo volto alla ristrutturazione dei debiti o al controllo da parte della Pubblica Amministrazione del concordato preventivo.
Nel corso del 2019, però, sono state introdotte alcune modifiche alla Legge Fallimentare, tramite il decreto legislativo numero 14 del 2019. L’entrata in vigore di queste modifiche, che era inizialmente prevista per l’agosto 2019, è stata però posticipata al mese di settembre del 2021 con il decreto legislativo numero 23 del 2020 a causa dello scatenarsi della pandemia mondiale da Covid-19.
A chi si rivolge la Legge Fallimentare
La legge fallimentare si rivolge agli imprenditori commerciali delle piccole e medie imprese di cui all’articolo 2195 del codice civile, ovvero i produttori di beni e servizi, gli intermediari nello scambio di beni, e le imprese che si occupano del trasporto, dell’attività bancaria o assicurativa e di attività ausiliarie a quelle elencate. Restano quindi escluse le imprese agricole e le imprese commerciali più estese. Queste ultime, infatti, in caso di fallimento, possono beneficiare di altre forme di regolazione della crisi di impresa. Inoltre, sono esclusi dal provvedimento gli enti pubblici.
Art. 147 della Legge Fallimentare: che cosa prevede?
L‘art. 147 della Legge Fallimentare è relativo alla procedura da attuare in caso di fallimento di società con soci a responsabilità illimitata. I commi più rilevanti risultano essere il quarto e il quinto. Nel quarto comma della Legge Fallimentare si fa infatti riferimento all’estensione del fallimento anche ai soci illimitatamente responsabili di cui si viene a conoscenza solo dopo la dichiarazione di fallimento della società. In questo caso si parla di “soci occulti“.
Nel comma successivo (ovvero il quinto comma dell’art. 147 della Legge Fallimentare), inoltre, è prevista l’estensione del fallimento di cui al comma quarto anche nel caso in cui, successivamente alla dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, “risulti che l’impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile“. In questo caso si parla di fallimento della “società occulta“, che si verifica quindi quando si palesa l’esistenza di un imprenditore occulto, il quale ha impiegato, per gestire l’attività della società, un imprenditore “palese”, ovvero un prestanome.
Conseguentemente, in questi casi l’art. 147 della Legge Fallimentare stabilisce che il fallimento si estende sia alla società che a tutti i soci illimitatamente responsabili. L’art. 147 della Legge Fallimentare è stato toccato dalla riforma del 2006, la quale ha esteso il il fallimento alla società occulta, dichiarata dal tribunale su istanza del curatore, di un creditore o di un socio fallito.
Infine, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 10507/2016, ha stabilito che l’art. 147 comma 5 della Legge Fallimentare è applicabile anche all’imprenditore collettivo e non solamente all’imprenditore individuale nella società espressamente considerato. La posizione è stata ripresa dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 7769/2017, la quale ha stabilito che nel giudizio di reclamo il socio occulto fallito non può far valere il fondamento della dichiarazione di fallimento della società.
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