L’articolo 480 del Codice Penale (CP) si focalizza su chi, ricoprendo il ruolo di pubblico ufficiale attesta falsamente, nello svolgere le sue mansioni, ciò che non è vero in certificati il cui scopo, invece, sarebbe dichiarare la veridicità di quanto riportato.
Di cosa tratta l’art. 480 CP
Come accennato, esso è stato creato per stabilire la punizione per quei pubblici ufficiali che certifichino fatti non veri nell’ambito dello svolgimento delle proprie mansioni e la pena, per chi commette questi reati, è il carcere dai 3 mesi ai 2 anni. È importante chiarire cosa viene inteso, esattamente, con la frase “nell’esercizio delle sue funzioni”. Essa si rivolge a tutti i fatti che possono essere collegati all’area della competenza del pubblico ufficiale ed è da intendersi, quindi, ad ampio raggio. Ci sono diversi autori che non sono d’accordo sul significato del termine “certificato”. Per alcuni, si tratta necessariamente di un contenuto che dichiara la scienza o la verità mentre per altri è fondamentale che ci siano anche 2 presupposti ovvero l’essere privo di una propria autonoma efficacia giuridica e di una propria distinta e, inoltre, la sua funzione non dev’essere quella di attestare i risultati di un accertamento passato.
L’articolo 480 CP è spesso confuso con il delitto di falsità materiale che però punisce chi falsifica un vero atto oppure la sua falsa formazione mentre nel caso del sopra citato articolo del Codice Penale la falsità è ideologica cioè il pubblico ufficiale dà una falsa attestazione di avvenimenti che sono accaduti in sua presenza oppure da informazioni che ha tratto dalle dichiarazioni raccolte. La falsità ideologica, dunque, è quella che riguarda le dichiarazioni non vere in merito a fatti non accaduti nella realtà fenomenica.
I punti salienti dell’Art. 480 CP
Oltre a quanto già specificato riguardo il significato del termine “certificati” è importante aggiungere che si tratta di atti di natura secondaria in quanto contenenti delle dichiarazioni considerate “di scienza”. Ci riferiamo, quindi, a dei dati e degli accadimenti non conosciuti dal pubblico ufficiale perché originari da altri documenti. I certificati possono essere considerati atti secondari anche perché implicano valutazioni e giudizi non fidefacienti per natura. Il reato di falsità ideologica perpetrato da un pubblico ufficiale nei certificati può concorrere con il reato di peculato perché entrambi esistono a tutela di vari beni giuridici, pur facendo riferimento a differenti condotte. La differenza principale è che il reato di falsità ideologica si muove per punire tutte quelle azioni falsificatrici autonome e non valutate indispensabile ai fini di configurare la condotta appropriativa (caratteristica, invece, del peculato).
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